Antigone: oltre 17 mila stranieri in carcere, in pochi hanno misure alternative

gonnella

di Giovanni Augello
Redattore Sociale, 4 febbraio 2015
“Da ottobre 2014 hanno iniziato a nascere nuove campagne contro gli immigrati che potrebbero riportare a un aumento generale della popolazione reclusa, soprattutto straniera”. A lanciare l’allarme è Antigone che oggi a Roma presenta il volume “Detenuti stranieri in Italia. Norme, numeri e diritti” a cura di Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione. Il testo fa un quadro generale della popolazione straniera in carcere, snocciolando i dati sulla composizione dei detenuti.
L’ultimo dato sulla popolazione straniera in carcere in Italia parla di 17.462 unità (al 31 dicembre 2014), pari al 32,56 per cento del totale. Un dato che, nella sua percentuale, è in linea con quelli raccolti dall’entrata in vigore del Testo unico sull’immigrazione. “Fino al 1996 – spiega il testo – la quota di stranieri detenuti in Italia si mantiene piuttosto bassa, sia in termini assoluti che percentuali. Dopo quell’anno, e ancora più segnatamente dopo l’entrata in vigore del Testo unico sull’immigrazione, la componente straniera nelle carceri italiane comincia a crescere. Tra il 1998 e il 2000 toccherà la soglia del 30 per cento, dalla quale non scenderà più”.
Ad incidere maggiormente sul preoccupante incremento della popolazione carceraria sono i provvedimenti targati Monti, Letta e Renzi che secondo Antigone “hanno per lo più permesso la scarcerazione di quanti erano stati condannati a pene non elevate”.
E ad avvalersi di tale sconto di pena, anche gli immigrati “che come è noto – spiega Antigone – provengono da contesti sociali disagiati e marginali e sono puniti per reati meno gravi rispetto agli italiani”. Per Antigone, però, ad oggi manca ancora una “strategia penale diretta a ridistribuire il peso delle iniquità sociali. Il fatto è che quando a decidere è il caso e non un piano ben determinato il rischio è che in breve tempo si torni al passato”.
La popolazione straniera in carcere. Il primo dato che balza agli occhi è che degli oltre 17 mila detenuti stranieri in Italia solo 867 siano donne (di cui 232 provenienti dalla Romania, 90 dalla Nigeria e 46 dalla Bosnia), cioè il 4,9 per cento sul totale degli stranieri detenuti, il 4,3 per cento sul totale delle detenute. Per quel che riguarda la provenienza, per numeri assoluti e per percentuale, al primo posto troviamo come provenienza il Marocco (2.955 detenuti, il 16,9 per cento sul totale degli stranieri detenuti). A poca distanza la Romania (2.835 e 16,2 per cento), poi l’Albania (2.437 e 14 per cento) e la Tunisia (1.950 e 11,2 per cento). Primi tre posti confermati anche per tasso di detenzione sulla comunità straniera presenta in Italia. Al primo posto il Marocco, con 704 detenuti ogni 100 mila persone presenti in Italia. Al secondo posto l’Albania con 518 detenuti su 100 mila persone. Poi la Romania (309 su 100 mila). Lontani dal podio i detenuti di nazionalità filippina: sono 35 ogni 100 mila persone presenti in Italia. Tuttavia, questi dati vanno analizzati con attenzione. 
“Se si guarda ai dati sulla popolazione straniera detenuta – spiega Antigone – può sembrare che ci siano alcune etnie più propense a delinquere rispetto ad altre. Una lettura sommaria di questi dati è però fuorviante, dato che non tiene conto di una serie di varianti fondamentali quali i percorsi individuali e collettivi, l’inclusione sociale e lavorativa, la presenza di donne e bambini. La comunità filippina si è integrata e ha saputo così conquistarsi la fiducia degli italiani, altre comunità restano ancora vittime di pregiudizi”.

Tra gli altri dati raccolti da Antigone anche quelli su età, legami familiari e religioni. Per quanto riguarda l’età, le percentuali più alte di detenuti stranieri rispetto agli italiani le si ritrovano soprattutto nella fascia d’età tra i 18 e i 29 anni, dove tale percentuale oscilla dal 58 per cento al 51. Tra i detenuti stranieri, inoltre, spiccano i celibi o nubili: sono più di 9 mila rispetto al circa 4 mila coniugati. Per quanto riguarda i titoli di studio, il dato più alto è sotto la voce “non rilevati”, ma in generale il dato è sconfortante. “L’unico fatto certo – spiega lo studio – è che i livelli di alfabetizzazione sono molto bassi e questo vale sia per i detenuti italiani che per quelli stranieri”. Infine le religioni: al primo posto c’è l’Islam tra gli stranieri con oltre 5.600 presenze in carcere. Al secondo posto la religione cattolica (oltre 2.600 tra gli stranieri), più di 2.200 gli ortodossi.
Sotto la lente di ingrandimento anche la “fiducia” da parte dei magistrati di sorveglianza e dei servizi sociali, uno dei dati indagati dallo studio. Fiducia che spiega in parte lo scarto che c’è tra italiani e stranieri nel fruire di misure alternative. Gli stranieri che accedono a misure alternative alla detenzione sono il 17,34 per cento di quanti usufruiscono di questa possibilità. “Il tasso di fiducia – spiega Antigone – è il rapporto tra il totale delle persone in esecuzione penale e quelle che invece sono in misura alternativa. Quello che sorprende è che i tedeschi hanno un tasso di fiducia superiore persino agli italiani. In secondo luogo, che alcune nazionalità extracomunitarie, quali ad esempio i senegalesi e i peruviani, godono di una fiducia maggiore rispetto ai francesi”. Tasso di fiducia, inoltre, legato anche al genere: “Rispetto agli uomini – spiega lo studio – il tasso di fiducia delle donne è circa il doppio”.
Gli stranieri detenuti in attesa di primo giudizio o non giudicati in via definitiva, inoltre, sono relativamente più numerosi degli italiani: il 34 per cento della popolazione detenuta, contro il 29 degli italiani. “Lo scarto di 5 punti – si legge nello studio – si spiega con la minore possibilità di accesso dei primi a una tutela legale qualificata”.
Per quanto riguarda i reati per i quali gli stranieri sono maggiormente imputati, infine, spiccano quelli a bassa offensività, spiega lo studio. Si va dalla droga alla prostituzione o legati all’immigrazione. “Su un totale di 34.957 reati, 9.277 sono le imputazioni per uno di questi tre motivi – spiega lo studio -, una percentuale del 26,5 per cento. I delitti contro la persona commessi da stranieri sono 6.963 (30,3 per cento del totale), mentre solo 111 stranieri sono imputati per reati di associazioni a delinquere, ossia l’1,6 per cento del totale”. Inoltre, spiega lo studio, “all’allungarsi delle pene inflitte diminuisce la percentuale di stranieri e in base al residuo pena da scontare in carcere, gli stranieri rappresentano una percentuale più corposa rispetto agli italiani. Tutto ciò indica la forte connotazione selettiva su base etnica del sistema penale italiano a discapito degli stranieri”.

Con i nuovi imprenditori della paura si rischia boom di stranieri in carcere

L’allarme del presidente di Antigone, Patrizio Gonnella. “C’è chi sta costruendo le proprie fortune politiche intorno all’identificazione fra immigrato e terrorista. Comunità che vivono ai margini potrebbero risentirne a causa dei maggiori controlli di tipo repressivo.
La popolazione straniera in carcere rischia di aumentare se si cade nuovamente nella trappola della “paura” dell’immigrato. A mettere in guardia da un possibile nuovo incremento della popolazione carceraria, soprattutto straniera, è il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, che oggi a Roma ha presentato uno studio dedicato alla presenza di stranieri negli istituti di pena italiani dal titolo “Detenuti stranieri in Italia. Norme, numeri e diritti”. Secondo Gonnella, da ottobre 2014 “hanno iniziato a nascere nuove campagne contro gli immigrati”. Per il presidente di Antigone, infatti, “c’è chi sta nuovamente svolgendo il proprio ruolo di imprenditore della paura negli ultimi mesi, puntando a costruire le proprie fortune politiche intorno alla paura dell’immigrato e oggi addirittura intorno all’identificazione fra immigrato e terrorista”.
Come possa tutto questo incrementare i detenuti stranieri, Gonnella lo spiega così: “Sappiamo che non è solo una questione di norme – ha aggiunto – ma anche una questione di pratiche di polizia e della magistratura. La norma sulla clandestinità non ha prodotto neanche un detenuto, perché era una norma che prevedeva una sanzione pecuniaria e poi i giudici avevano già interiorizzato che doveva essere disapplicata. Però se noi adesso, invece, costruiamo nuovamente lo stereotipo dell’immigrato che ci sta rubando i soldi e che forse ci mette anche una bomba sotto casa, ci sarà sicuramente un aumento dei controlli, un aumento del lavoro di polizia e dei fermi. Pensiamo a tutto il sistema e a quelle comunità che vivono ai margini e rischiano un maggiore controllo di tipo repressivo”.
L’aumento di controlli, quindi, potrebbe portare ad un’inversione di tendenza nella popolazione penitenziaria, che negli ultimi tempi ha visto un calo grazie agli ultimi interventi normativi. Tuttavia, per Gonnella, occorre essere vigili. “Se non si sta attenti, non è detto che tutto questo non comporti a sua volta anche l’ipotesi di cambiare le norme nuovamente. Ci basta un attimo: è con 50 arresti nel giro di sei mesi che si costruisce quella paura per cui ricambiano nuovamente le norme. Non abbiamo un sistema immune dai rischi”.

Il sistema di giustizia italiano ed europeo è palesemente discriminatorio

Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, si sofferma su un sistema penitenziario non pensato per gli stranieri: “Riesci ad evitare la custodia cautelare e riesci ad andare in misura alternativa se hai una casa, ma lo straniero irregolare pur volendola o avendola non la può certificare”.
Il sistema della giustizia italiano ed europeo è “palesemente discriminatorio” nei confronti degli stranieri. È quanto afferma Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone che oggi a Roma ha presentato un libro dal titolo “Detenuti stranieri in Italia. Norme, numeri e diritti” che fa il punto sui detenuti stranieri in Italia e in Europa. Oltre ai tanti dati presenti nello studio, la riflessione di Gonnella si sofferma soprattutto su di un sistema penitenziario non pensato per gli stranieri, che spesso vedono negate le possibilità concesse ai cittadini europei e, nel caso dell’Italia, italiani. Un primo dato che mostra questa differenza di trattamento è quello della custodia cautelare. Su oltre 1,7 milioni di detenuti europei e una percentuale di circa il 21 per cento di stranieri, la custodia cautelare per gli stranieri è di circa il 28 per cento rispetto al totale delle persone non condannate presenti in carcere contro il 21 per cento del totale comprendente anche i condannati. Un dato europeo che rispecchia quello dell’Italia, spiega Gonnella, e che risulta essere “segno di un sistema giudiziario fortemente discriminatorio”.
“Nonostante la forte retorica anti-immigrati presente in molti Paesi – scrive Gonnella nel testo, nonostante le difficili condizioni sociali in cui gli immigrati vivono un po’ dappertutto a causa di processi di marginalizzazione e stigmatizzazione, nonostante una minore disponibilità di strumenti di difesa legale, i numeri non sono così elevati da giustificare allarmi per la sicurezza. La criminalità straniera non costituisce l’urgenza politica e giudiziaria dell’Europa. I numeri della devianza penale straniera non spiegano campagne xenofobe. Se mai sono indicativi di un sistema della giustizia palesemente discriminatorio”. Per Gonnella, infatti, “il sistema è pensato per il detenuto che abbia una casa – ha aggiunto. Riesci ad evitare la custodia cautelare e riesci ad andare in misura alternativa se hai una casa, ma lo straniero irregolare pur volendola o avendola non la può certificare. Quindi bisogna necessariamente intervenire su quelle norme che creano discriminazione a priori”. Per Gonnella, quindi, è necessario “superare quella discriminazione di tipo giudiziario che porta ad una sovra rappresentazione degli stranieri per quanto riguarda le misure cautelari e una sotto rappresentazione per quanto riguarda le misure alternative”.
Per il presidente di Antigone, però, quello delle misure cautelari e alternative è solo uno degli ostacoli da superare. Tra le cose da “rivedere” nel sistema italiano anche le “espulsioni automatiche per coloro che sono a fine pena”, ma non solo. Secondo Gonnella occorre inserire una norma che vieti di trasferire un detenuto verso paesi dove vi sia il rischio di tortura o trattamenti inumani o degradanti; l’assunzione con concorso pubblico di interpreti e traduttori delle varie lingue in numero sufficiente per operare in ogni istituto penitenziario; l’inserimento della lingua inglese fra le materie d’esame per l’accesso ai vari ruoli della carriera penitenziaria e del servizio medico; l’organizzazione nelle case di reclusione di corsi di educazione interculturale e l’inserimento di norme nel regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario che tengano conto delle identità culturali e religiose. Tra le proposte anche quella di cumulare le ore di colloquio oltre i limiti mensili per consentire a parenti che arrivano da paesi lontani, la concessione di un visto utile per entrare in Italia e far visita ad un proprio parente detenuto e l’accesso a internet, Skype o alle mail per tutti i detenuti che non hanno censura nella corrispondenza epistolare in modo da facilitare la comunicazione soprattutto agli stranieri che hanno parenti lontani.